Democrazia e Politica


 

 In questo periodo storico vi è un gran lamentarsi della mancata applicazione dei criteri democratici nel governare le nazioni europee, del fallimento della democrazia, della democrazia come strumento di raggiro con conseguente senso di frustrazione e di impotenza. Egualmente c’è anche un fiorire di proposte di ampliamento  degli strumenti democratici,  di manifestazioni con richieste di diritti e di studi per l’introduzione di nuovi istituti di democrazia diretta nel nostro ordinamento.
La soluzione è proprio sotto i nostri occhi e non mostrarla vuol dire fare il gioco di chi vuol andare avanti con questo tipo di democrazia parlamentare.

É stato mai fatto presente a tutti coloro che propongono nuovi strumenti di democrazia o nuove regole economiche che tutte queste loro proposte devono passare al vaglio dell’ attuale parlamento e devono avere l’approvazione da esso? Come sperano o pensano di ottenere questi cambiamenti proprio da coloro che, non eletti ma nominati, rappresentano l’industria, la finanza, il commercio e quant‘altro, ma non i cittadini in genere?

Ciò mi fa presupporre che tutti questi proponenti, queste cassandre di future sventure democratiche, questi apparenti cospiratori non sappiano com’è strutturata la democrazia, o peggio, forse ben lo sanno e sfruttano l’ignoranza comune per mettersi bene in mostra, sapendo perfettamente di non danneggiare chi attualmente il potere lo detiene nelle nostre democrazie.

La nostra democrazia non è un coacervo di buoni proposti e di leggi relative, messe lì alla buona,  regolate da chi ci governa, al quale dobbiamo questuare cambiamenti che, se non avvengono, dobbiamo ottenerli con la violenza o con la rivolta. Questi comportamenti sono necessari nelle teocrazie, nelle dittature e nelle monarchie, ma non in una democrazia. No, non funziona così o perlomeno non è necessario che funzioni così.

La democrazia è costituita  da due corpi ben distinti: l’ethos democratico e il metodo democratico.    

Purtroppo non sappiamo distinguere tra ethos democratico e metodo democratico e confondiamo le due cose: il primo è il nostro sentire, la nostra etica,  il secondo  è nient’altro che il modo di mettere in pratica ciò che dovrebbe essere la nostra etica. Possiamo capire facilmente, quindi, dove sta il “fallimento della democrazia”: esso sta nel fallimento del metodo democratico.  Possiamo correre ai ripari creando ex novo un nuovo metodo democratico, visto che diritti e doveri che esprimono l’ethos democratico raggiunto sono  stati trascritti nella Costituzione.

Orbene, l’ethos, non è stato toccato e neanche i diritti e  i doveri dei cittadini.  Prima che a qualcuno venga in mente di farlo, mettiamo mano al metodo democratico per salvaguardare questo nostro “patrimonio”.

Possiamo dare vita ad un nuovo modo di utilizzo della democrazia, dell’amministrazione della cosa pubblica da parte dei cittadini per il bene di tutti. Possiamo concordare tutti oramai che ciò che é fallito non sono i nostri diritti e doveri iscritti nella Costituzione, ma la loro applicazione, il loro rispetto e la loro attuazione: ciò che comunemente viene chiamato politica. Chi si occupa di tutto ciò é il parlamento, costituito da donne e uomini che vengono eletti attualmente in modo indiretto dai cittadini. Come hanno potuto questi permettere che ciò avvenisse? La risposta è molto semplice: ciò è avvenuto a causa di un  mancato e impossibile controllo dei cittadini sui propri eletti. I parlamentari, nell’attuale sistema, non devono rispondere all’elettorato  del loro operato politico e non sono vincolati da nessun mandato. Vista da una prospettiva dal basso la politica democratica ha fallito, ma visto dalla prospettiva di chi detiene il potere,  cioè dei partiti, dei parlamentari e così via, certamente il sistema democratico non ha fallito il suo compito.  Sappiamo che è l’attuale metodo democratico che ha fallito e che per questo motivo va sostituito al più presto, insieme ai suoi rappresentanti.

Una rottamazione del metodo, non delle persone.

Sapendo di dover sostituire tutti i parlamentari per via democratica, non rimane che ripartire dal basso, dai cittadini, costituendo nuove associazioni politiche, diverse nella loro costituzione e struttura dagli attuali partiti. Occorre mettere in campo donne e uomini scelti dai cittadini e non nominati dai vertici di partito o scelti con le primarie,  occorre fare in modo che essi rispondano del loro operato  costringendoli, in modo civile e non troppo cruento, a lasciare il posto se non sono più desiderati, in quanto non più credibili o perché rivelatisi truffaldini o quant’altro. Non vi è nessuna legge che lo vieti, neanche la Costituzione. Si tratta solo di fondare nuove associazioni politiche che non prevedano regolamenti interni come quelli finora utilizzati. Non vi è legge che stabilisca che nelle associazioni vi debbano essere un capo, un’oligarchia e quant’altro.  Per formalità sono previste determinate figure di presidenza e di rappresentanza, ma niente di più facile che togliere a costoro qualsiasi potere all’interno dell’associazione.

Questo è il concetto di base ed i dettagli di questa operazione sono descritti nei capitoli ad essi dedicati.  Dapprima però fatevi accompagnare attraverso il mondo della politica, del metodo democratico e dell’ethos democratico in modo da poter comprendere le finalità e la struttura del nuovo metodo democratico da me proposto come Unicivium.


 

 La politica e  le sue accezioni.

 

La prima definizione di politica fu formulata forse da Aristotele che le diede il significato di amministrazione della polis per il bene di tutti.

Comunemente oggi per politica s’intende una cosa sola: gestione del potere oppure, peggio ancora, sfruttamento di una posizione di privilegio carpita con l’inganno al fine del proprio personale tornaconto. Vista da questa prospettiva innegabilmente la politica “è una cosa sporca”, anche se questa affermazione ha qualcosa di infantile, di non adulto, di giustificazione alla non partecipazione da parte di molti cittadini.


 

Chiarimenti sui termini.

 

Per evitare fraintendimenti sul significato delle parole e dei termini, vorrei qui in primo luogo fare chiarezza sull’utilizzo dei termini di democrazia, di politica e di amministrazione della cosa pubblica e nel fare questo  non posso che riferirmi a due autorevoli opinionisti come Ezio Mauro e Gustavo Zagrebelsky. Nel  loro dialogo[1] c’è un interessante passaggio che voglio qui riproporre al fine di dare degli strumenti chiari di lettura per ciò che intendo per “Democrazia”:

 

(Zagrebelsky ) ….. Di nuovo: stiamo parlando di democrazia o di politica? Credo che si possa cercare di spiegare l’atrofia della democrazia, dappertutto dove si manifesta, ragionando così. Mi esprimo per affermazioni. La democrazia presuppone la politica. Se la politica è in crisi, è in crisi la sua forma, cioè la democrazia. La democrazia è la forma di reggimento delle società umane in cui esiste la libertà dei fini politici. Se la politica ha perduto questa libertà, è in crisi la democrazia.

 

É giusto che la democrazia presupponga la politica, ma politica nell’accezione di amministrazione della cosa pubblica, non di  gestione del potere. Vista in quest’ottica la politica non può essere in crisi, perché l’amministrazione della cosa pubblica è un’azione che prescinde dalla democrazia. Democrazia non è che un modo possibile di gestire l’amministrazione della cosa pubblica in alternativa alla monarchia, alla dittatura militare e così via. Di conseguenza la politica , intesa come amministrazione della cosa pubblica, non può perdere la libertà dei fini politici che non ha.  Neanche la politica intesa come gestione del potere può perdere la libertà dei fini, semplicemente  perché non sottintende tale libertà.

La  democrazia è in prima istanza un fine, quello  del governo della polis  da parte dei cittadini per il bene di tutti. Essa  inoltre  ha dei fini nati dalla nostra evoluzione sociale e morale e ancorati nelle costituzioni.

Quindi la crisi è nella democrazia, ma non in quanto teoria o ethos, ma nella pratica, cioè nel metodo democratico qual è la  democrazia rappresentativa. La  politica intesa come  potere del leader e del partito sta cercando di soggiogare la democrazia  impedendo che i fini di questa vengano realizzati limitando viepiù  la sovranità del cittadino.


 

Le tre accezioni di politica.

Torniamo alle tre accezioni odierne di politica.

 

La prima è l’accezione di politica come attività finalizzata alla realizzazione di determinati obiettivi  nel senso del fare, per esempio, la politica economica di un governo, dello struzzo, della riprogrammazione e così via.

 

La seconda è l’accezione di politica vista come l il raggiungimento e la gestione del potere o di una parte dello stesso (einen Machtanteil), come comando, come potere del capo carismatico, questione oggi molto dibattuta con la riesumazione del caro Max Weber ed il suo manualétto d’uso, “Politica come professione”, che prende in esame solo una delle tre accezioni del termine politica. 

I suoi modelli che descrivono come erano e come dovrebbero essere i politici necessitano se non di una revisione, di un aggiornamento, soprattutto riferito alla scena politica italiana dove la parola del capo e dei vari “professionisti” della politica viene amplificata dal megafono che è la televisione dalla quale i più sfortunati dal mio punto di vista, cioè quelli senza istruzione e capacità di analisi sociale e politica, vengono ingannati e manipolati.

Anche il concetto di stato moderno come associazione di dominio, in forma di istituzione, la quale nell’ambito di un determinato territorio abbia conseguito il monopolio della violenza fisica legittima come mezzo dell’esercizio della sovranità, è una visione in parte superata. Per un verso la territorialità della democrazia necessità di un potere legittimo al fine della propria tutela e quella dei cittadini tramite la garanzia del diritto e dell’applicazione della legge, per l’altro subisce l’ingerenza di vari organismi sopranazionali come la BCE ed il FMI che limita di fatto la sovranità nazionale. Visto invece sotto il profilo antropologico, questo monopolio di violenza è sempre stato tipico del pensiero maschile che tende a basare i suoi rapporti sulla forza fisica. Per questo l’esercizio della politica è stato una prerogativa maschile durata fino all’ultimo secolo periodo in cui  si decise di allargare il diritto di voto anche alle donne. Subdolamente questa prerogativa maschile rimane tutt’oggi nella politica.

 

Abbiamo infine l’accezione di Politica nel senso di amministrazione della cosa pubblica che di per sé è un’accezione avalutativa.

 

Essa è  avalutativa  nel senso che non ha un valore, perché la cosa pubblica è semplicemente l’atto dell’amministrare da parte di un singolo o  di un gruppo: un re, un’oligarchia,  un tiranno, un dittatore, un governo militare o democratico. La cosa pubblica è comunque da amministrare, anche se frequentemente chi amministra tende ad appropriarsi delle ricchezze del  territorio amministrato.


 

Introduzione al nuovo metodo democratico

 

 Il cittadino delle democrazie odierne non ha grandi possibilità di intervenire nell’amministrazione della cosa pubblica, anche se abbiamo ripescato più di duecento anni fa, dal lontano passato, parte di quell’invenzione greca che si chiama democrazia.

A causa delle dimensioni degli stati e del numero dei cittadini, purtroppo, una democrazia diretta sembra difficilmente realizzabile: non siamo più nell’Agorà ateniese, dove comunque su 10.000 cittadini maschi votanti vi erano 200.000 schiavi, le donne e gli stranieri che non avevano diritto di accedere alla democrazia.

Questo tipo di democrazia aveva però una peculiarità che è venuta a mancare oggi nella maggioranza dei cittadini : l’impegno politico personale, la disponibilità da parte di tutti ad occuparsi dell’amministrazione pubblica.

Volendo utilizzare la democrazia all’interno di grandi territori abbiamo allora, durante la rivoluzione atlantica, scelto la democrazia rappresentativa e abbiamo delegato anche questo aspetto, l’impegno politico personale, dando mandato ad un partito di fare ciò.

 

Ora che le moderne tecnologie permettono di superare il limite dell’ampiezza del territorio tramite la comunicazione via web, è il momento di riprendersi la responsabilità dell’agire politico nel senso dell’amministrazione della cosa pubblica, perché l’agire in senso del potere, cioè quello del capo, quello del partito, così tipico della democrazia rappresentativa , lo dobbiamo escludere, eliminare.

 

Ricompare qui il mandato imperativo, la delega del cittadino sovrano ad un delegato.  La formula può sembrare vetusta, ma è l’unica possibile anche se, con alcuni accorgimenti, andremo a stemperare la tanto temuta “dittatura democratica”. Con l’eliminazione del limite territoriale della democrazia diretta, cioè la sua caratteristica di istituto locale, tramite il web, vado a creare un nuovo potenziale limite che è la moltitudine dei partecipanti.

Per aggirare anche questo ostacolo vi sarà interposto un filtro, verrà effettuata una decantazione tra delegante e delegato parlamentare, perché è ovvio che 654.589 deleganti non possono per comprensibili motivi, ognuno per conto proprio, dare istruzioni a 8 delegati!

Per questa mediazione propongo commissioni o gruppi di studio  (GDS) specializzati nei vari settori interessati,  costituiti da specialisti  e  da studiosi che guidano il delegato  sulla falsariga delle commissioni di partito o di dipartimenti tematici che dir si vogliano e rendono conto all’elettore  del proprio operato e di quello del parlamentare eletto dall’Unicivium.

 

Questi tre elementi costitutivi dell’Unicivium , ELETTORE- GDS - PARLAMENTARE ELETTO, oltre ad avere  delle regole e delle prerogative ben delineate, in modo che non si possano mai formare all’interno dell’Unicivium un capo o un’oligarchia o un gruppo di potenti che possano prendere il sopravvento ed esautorare il cittadino, come succede ora, sono i pilastri non della democrazia, ma del nuovo metodo democratico.